giovedì 13 maggio 2010

Quel 9 maggio del 1978: "Moro, un politico in grado di guardare lontano"

“Un politico in grado di vedere lontano e di costruire il futuro. Capace di capire e di mediare le ragioni degli altri”: è questo, in sintesi, il pensiero di Giuseppe Pizza, segretario della Democrazia Cristiana, che ha avuto modo di conoscere e di frequentare Aldo Moro nel Consiglio Nazionale e nella Direzione del Partito. Anzi, nell’ultimo Governo Moro, nel 1975, Giuseppe Pizza ha vissuto da vicino la formazione della compagine governativa e conserva con venerazione una lettera del “Presidente”. Undici corone, in fila, di fronte al Palazzo Maffei, in fondo a Via Caetani, 32 anni dopo quel 9 maggio 1978. Ci sono tutti. Dal Governo alla Polverini, nuovo Governatore della Regione Lazio; dal Partito Democratico alle fondazioni; dai vari pezzi della Democrazia Cristiana alle Associazioni del mondo cattolico. Né manca l’omaggio commosso del Capo dello Stato Napolitano.
“Con l’azione delle Brigate Rosse – afferma Giuseppe Pizza – l’Italia si è trovata con un martire in più, ma ha perso uno dei pochi uomini politici in grado di gestire il cambiamento in una fase delicatissima della vita nazionale”.
E ancora. “Con l’assassinio della statista pugliese – sostiene ancora Pizza – le Brigate Rosse hanno ottenuto l’esatto contrario delle loro intenzioni, avvitandosi in sé stesse, andando incontro alla loro dissoluzione e alla esecrazione di quella opinione pubblica che avrebbero voluto fomentare”.
“Oggi la lezione politica e lo stile di Aldo Moro, nella memoria collettiva, sono più vivi che mai e rappresentano un patrimonio importante della collettività nazionale” – prosegue Pizza - "La democrazia e le istituzioni repubblicane devono molto al Presidente Moro, a partire dal senso dello stato e dal rispetto della Carta voluta dalla Costituente, dopo il conflitto mondiale. Aldo Moro, cinque volte Presidente del Consiglio dei Ministri, doti di statista europeo nelle Istituzioni e nel Partito della Democrazia Cristiana, tenacemente legato allo sviluppo del Mezzogiorno quale condizione per la crescita dell’intero Paese, forse avrebbe potuto evitare una deriva pericolosa della politica e della funzione dei partiti, particolarmente evidente dopo la sua morte. La Storia, purtroppo, non si fa con i se e i ma. E la realtà degli anni novanta e di questo primo decennio del nuovo millennio non è certo delle più esaltanti.
Forse una maggiore attenzione alla lezione di Moro, non solo nella percezione dell’opinione pubblica ma anche nella stanze del potere, potrebbe essere utile per un futuro in cui le ombre sembrano a molti prevalere sugli sprazzi di luce".

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